Wegreenit, gli esperti di riqualificazione energetica

16 maggio 2023
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Sono degli efficientatori o, se si preferisce, degli smart builders. Cioè esperti di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.
In qualità di General Contractor si occupano delle costruzioni a 360°, seguendo i processi di: progettazione architettonica e impiantistica, gestione finanziaria, pratiche edilizie, project management, fornitura di materiali, direzione lavori e sicurezza in cantiere.
Il loro core business è il building: condomini, supercondomìni, uffici, centri commerciali, alberghi.

Loro sono Wegreenit, una società con uffici in uno degli edifici iconici del centro di Milano: il Palazzo di Fuoco di piazzale Loreto (il nome dell’edificio, realizzato nel 1962 dagli architetti Minoletti e Chiodi, derivava dalla sua particolare illuminazione notturna; nda). Sono una SpA che realizza interventi di coibentazione a cappotto e dei sistemi di copertura, si occupa della riqualificazione degli impianti termici di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, dell’installazione di impianti fotovoltaici in copertura abbinati ai sistemi di accumulo e della sostituzione di serramenti e dei sistemi schermanti. Infine, si occupano della progettazione e messa in opera degli interventi strutturali, con anche la messa in sicurezza in ambito sismico.

 

Fabrizio Candoni: Presidente e AD Wegreenit, esperti di riqualificazione energetica

Così facendo, in poco più di tre anni Wegreenit ha visto crescere i numeri del suo fatturato e dei dipendenti. A capo della società di retrofitting milanese è Fabrizio Candoni, che di Wegreenit è Presidente e AD.

Nella sua attività professionale, iniziata una trentina di anni fa, Candoni si è occupato di business development per aziende multinazionali impegnate in diversi settori di attività, esperienze che lo hanno portato nel 2015 a occupare la poltrona di vice presidente, con delega all’energia, di Confindustria Russia.

Dal punto di vista societario, a capo delle società c’è la Holding del Gruppo (al 100% dello stesso Candoni), che controlla le due società per azioni Wegreenit SpA e Wegreenit 2 SpA che operano come general contractor, e Wegreenit Engineering, la società di Engineering Procurement and Construction (Epc).

Candoni ci tiene a iniziare l’intervista partendo da una realizzazione di cui Wegreenit va particolarmente fiera: la riqualificazione energetica del supercondominio di via Mar Nero, nella zona ovest di Milano.

«Teniamo molto a questa realizzazione: è il nostro trophy asset. Per dimensioni e caratteristiche è uno dei cantieri più importanti della città. Intervenire su un supercondominio di quelle dimensioni – 18 edifici pluripiano, 550 alloggi, lavori per 46 milioni di euro – significa risolvere una quantità quasi infinita di problemi. Vuole dire affrontare procedure particolarmente complesse. Nonostante tutto, ci siamo riusciti. E per noi questo lavoro rappresenta un biglietto da visita di tutto riguardo».

Ma che tipo di società siete?

Siamo specializzati nell’efficienza energetica dell’intero edificio. Siamo nati così e perseveriamo secondo questo modello. Non ci interessano, tanto per capirci, progetti sul fotovoltaico a terra. Non intendiamo annacquare in alcun modo il nostro business.
Vogliamo continuare a fare bene una cosa: l’efficienza energetica del building.

Dai dati forniti, la società anno dopo anno cresce. Con quali trend?

Quest’anno chiuderemo con 120 milioni di fatturato. Quasi il doppio dell’anno precedente: un 2022 in cui avevamo rallentato la nostra corsa per capire cosa stesse accadendo sul fronte degli incentivi. Qui, oggi, lavorano 70 persone; contiamo di arrivare a quota 100 entro la fine dell’anno, al netto delle acquisizioni. Con quelle potremmo toccare quota 150 dipendenti.

Cosa intendete acquisire?

Premesso che vogliamo crescere qui, in Italia, stiamo lavorando per portare all’interno della società una o due imprese in possesso di certificazione Soa per poter partecipare ai bandi del PNRR, anche su mercati differenti dal residenziale. Siamo conosciuti come smart builder di grossi involucri. Per l’edilizia, però, il modello vincente sta altrove.

Dove esattamente?

Sta a monte del processo costruttivo, sta negli schemi di banking che si è in grado di proporre al mercato

Torniamo al Piano Nazionale di ripresa e resilienza, come si colloca Wegreenit in questo contesto?

Ci collochiamo all’interno dei progetti delle diverse misure di efficienza energetica previste per gli edifici, le cittadelle giudiziarie e le scuole. Misure che valgono circa 15 miliardi di euro.

Negli ultimi mesi si è parlato molto delle sorti del Superbonus e delle imprese impegnate nei lavori avviati con gli incentivi. Com’è andata a Wegreenit?

Le numerose revisioni intervenute alla norma originaria hanno prodotto problemi alle imprese, molte delle quali non si sono ancora riprese dai contraccolpi. Noi, al contrario, siamo in piedi, anche perché abbiamo posto grande attenzione all’aspetto finanziario e all’attività di banking. Nelle fasi di incertezza normativa e di blocco dei finanziamenti da parte del sistema bancario, siamo stati noi a garantire le risorse e a procedere con i lavori. In ciò siamo stati agevolati dal nostro rating bancario, che ci ha permesso una buona possibilità di approvvigionamento.

Ma cosa comporta per voi l’ultima riforma del Superbonus e degli incentivi sulla casa?

Noi stiamo sul mercato anche senza gli incentivi statali. Siamo esperti di riqualificazione energetica e puntiamo a hotel, centri commerciali e supercondomini. In quest’ultimo comparto ci saremo a due condizioni: la dimensione minima dell’intervento e la compartecipazione dei privati.

Che giudizio dà circa la politica degli incentivi statali?

Il sistema degli incentivi ha rappresentato un’iniziativa di politica edilizia ed energetica molto importante, che ha creato una filiera e un indotto. Difficile non riconoscerla come una politica positiva. È stata la mossa giusta al momento giusto.

In qualità di esperto di riqualificazione energetica, come giudica gli effetti sulla spesa pubblica?

Non penso che un Paese come il nostro, con un cash flow di 2.108 miliardi di euro, possa andare in crisi per alcune decine di miliardi di debito. Al mondo dell’oil&gas ogni anno vengono riconosciuti 35-40 miliardi di agevolazioni. Si tratta, com’è evidente, di una scelta politica. I fondi pubblici destinati agli incentivi hanno generato ritorni economici notevoli, oltre ai vantaggi ambientali.

Quindi, a suo avviso, lo Stato avrebbe dovuto continuare senza intervenire?

Niente affatto. Anch’io muovo delle critiche all’impostazione che è stata data. La prima critica è dipesa dalla stratificazione dei modelli che con le varie riforme (ne ho contate 18) si è determinata. Fatti questi che hanno reso impossibile al sistema di reggere lo sforzo.
La seconda riguarda la durata nel tempo degli incentivi e la loro entità.

A mio avviso il modello avrebbe dovuto essere così concepito: incentivi al 110% per una durata di sei mesi, periodo che sarebbe servito da avviamento e come forma di incoraggiamento di una platea non abituata a politiche di questo tipo. Poi, nella seconda fase, una riduzione dell’incentivo al 50-70%. A tre anni di distanza dall’avvio del provvedimento, noi oggi avremo la coda di utenti per agevolazioni anche non superiori al 30%.
In questo modo avremmo ridotto l’impatto sulla finanza pubblica e avremmo avuto un’utenza chiamata a decidere in tempi brevi.

Ma il vero problema è un altro.

Quale?

Noi oggi dobbiamo affrontare quanto contenuto nella direttiva europea sulle performance energetiche degli edifici, che indica di efficientare qualcosa come 35 milioni di condomìni.

E che si fa ora, di fronte a questa direttiva europea?
Dopo anni di bengodi, rappresentati dalla politica degli incentivi, ai privati, in questo sforzo tecnico ed economico, chiediamo di arrangiarsi? Così facendo, senza un intervento pubblico e in assenza di incentivi, per rendere efficiente il nostro parco edilizio e portare gli edifici dalla classe E alla C come indicano da Bruxelles, ci vorrebbero circa 170 anni.

Appunto, la direttiva. Che giudizio date riguardo i suoi contenuti?

In qualità di esperti di riqualificazione energetica, crediamo che l’efficientamento del parco edilizio nazionale rappresenti il futuro dell’economia del Paese, dell’imprese e della lotta al cambiamento climatico. Alla fine, al netto di alcune modifiche che verranno nel tempo introdotte nella fase di conversione, in Italia noi avremo da realizzare qualcosa come quattro milioni di interventi. E noi, su questa partita decisiva ci saremo.

Ma esiste, secondo lei, una specificità italiana?

Certo che esiste.
Italia, Spagna, Germania, Olanda hanno parchi edilizi con caratteristiche differenti.
Ci sono città tedesche in cui il 40% degli immobili esistenti sono in mano ai fondi e le case sono utilizzate in affitto.

Da noi, invece, gli alloggi sono per la stragrande maggior parte di proprietà. Per cui è quasi inevitabile che la direttiva venga letta come una patrimoniale.Se riuscissimo invece a far capire che si tratta di una forma di valorizzazione del bene casa e di risparmio sulla bolletta energetica, addirittura al netto del beneficio ambientale e climatico, forse allora avremmo fatto centro.

Già, e i soldi chi li mette?

Qui sta l’arcano. Occorre capire chi finanzia l’operazione di retrofitting. Penso che si dovrebbe puntare su questi obiettivi: benessere ambientale; vantaggio patrimoniale; risparmio economico dovuto alla riduzione dei consumi energetici. Per mettere insieme queste tre cose, occorre che la politica sia lungimirante e che colga queste opportunità intervenendo sul sistema delle banche e dei grandi fondi chiusi, che entrambi dimostrano grande interesse alle politiche verdi. Sarebbe un’operazione win win. Infine, sempre la politica, se crede nel cambiamento, dovrebbe prima ridimensionare e poi eliminare gli incentivi ai combustibili fossili.

Intervista a cura di Pietro Mezzi.
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